Violenza e l’Aggressività le “Nuove Minacce”
Negli ultimi anni, il panorama della violenza e dell’aggressività ha subito una trasformazione significativa, influenzata da fattori tecnologici, sociali e culturali. Le nuove minacce emergenti richiedono un’analisi approfondita e una risposta adeguata per affrontare le sfide che pongono alla nostra società.
1. Violenza Digitale e Cyberbullismo
Con l’avvento di Internet e dei social media, la violenza ha trovato nuove forme di espressione. Il cyberbullismo, le minacce online e l’hate speech sono diventati fenomeni comuni, colpendo in particolare i giovani. Queste forme di aggressione possono avere conseguenze devastanti.
2. Radicalizzazione e Violenza Ideologica
La radicalizzazione, facilitata dalla connettività globale, ha portato all’emergere di gruppi estremisti che promuovono la violenza in nome di ideologie politiche, religiose o sociali. Questo fenomeno non solo minaccia la sicurezza pubblica, ma alimenta anche divisioni sociali e conflitti.
3. Disuguaglianza Sociale e Violenza Strutturale
La crescente disuguaglianza economica e sociale ha creato un terreno fertile per la violenza. Le frustrazioni accumulate possono sfociare in atti aggressivi, sia a livello individuale che collettivo. La mancanza di opportunità e di accesso ai servizi essenziali alimenta il senso di impotenza e alimenta il ciclo della violenza.
4. Impatto della Pandemia
La pandemia di COVID-19 ha esacerbato le tensioni sociali e psicologiche, aumentando il rischio di violenza domestica e aggressività in contesti familiari. L’isolamento, lo stress economico e le incertezze future hanno amplificato i fattori di rischio già esistenti.
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Affrontare queste nuove minacce richiede un approccio multidimensionale. È essenziale investire in programmi di educazione alla gestione dei conflitti e di sensibilizzazione sui temi della salute mentale. Inoltre, è fondamentale promuovere una cultura del rispetto e della tolleranza, incoraggiando il dialogo e la comprensione reciproca.
L’aumento della violenza e l’intensificarsi dell’aggressività possono dipendere da diversi fattori interconnessi. Ecco alcune delle cause principali:
- Stress sociale ed economico: Situazioni di crisi economica, disoccupazione e povertà possono aumentare la tensione tra le persone, portando a comportamenti più aggressivi.
- Influenza dei media: La rappresentazione della violenza nei media, come film, videogiochi e notizie, può desensibilizzare le persone e normalizzare comportamenti aggressivi.
- Problemi di salute mentale: L’assenza di supporto adeguato per la salute mentale può portare a esplosioni di violenza, specialmente in individui già vulnerabili.
- Disuguaglianza sociale: Le disparità economiche e sociali possono alimentare la frustrazione e il risentimento, aumentando il potenziale per l’aggressività.
- Cultura della violenza: In alcune comunità, la violenza può essere vista come un modo accettabile per risolvere i conflitti o dimostrare potere.
- Eccesso di controllo e repressione: Situazioni di repressione politica o sociale possono provocare reazioni aggressive, sia da parte delle autorità che dei cittadini.
Ognuno di questi fattori può contribuire a un contesto in cui la violenza diventa più comune e l’aggressione più intensa. La comprensione di queste dinamiche è fondamentale per affrontare il problema in modo efficace.
Violenza e Società
Natura e caratteristiche della violenza nelle società umane
Secondo la sociologia la violenza è un comportamento volontario e aggressivo contro determinate persone con l’intenzione di ferire o uccidere, arrecare un danno o sottomettere al proprio dominio la volontà di un altro individuo. Questo modo di agire da parte di un soggetto si può classificare come violenza diretta se è esercitata in modo esplicito su una persona o un gruppo sociale; come violenza strutturale se colpisce gli individui in modo indiretto per esercitare delle pressioni psicologiche, per avere un utile economico, per eliminare degli avversari politici o dei concorrenti ritenuti pericolosi; come violenza culturale se assume forme simboliche che esaltano e promuovono la violenza elevandola a un valore sociale interiorizzato.
Secondo un’altra classificazione si può fare una distinzione tra violenza fisica e violenza psicologica:
- nel primo caso si compie un’azione volontaria mediante l’abuso della forza da parte di una o più persone per provocare dolore ad altri individui fino ad arrivare all’omicidio o alla strage;
- nel secondo caso non si provoca un danno fisico, ma si vuole indurre una persona a tenere determinati comportamenti attraverso diverse forme di condizionamento come pressioni psicologiche, minacce, ricatti, intimidazioni, comportamenti aggressivi all’interno della famiglia, nella scuola, nelle istituzioni sociali e religiose, nei luoghi di lavoro sempre con il fine di piegare un soggetto alla propria volontà.
La violenza psicologica può colpire in tutte le situazioni della vita e in tutti gli ambienti sociali, nei quali un essere umano si trova di fronte a un suo simile e può arrivare fino all’estremo condizionamento del plagio attraverso forme coercitive che possono esercitarsi in modo subdolo o palese anche per lungo tempo sempre per costringere una persona a tenere dei comportamenti che limitano la sua libertà di pensiero e di azione.
La violenza e la natura umana
Secondo la sociobiologia, nel mondo animale le uccisioni di soggetti di specie diversa rientrano nella legge della sopravvivenza, mentre sono rare le uccisioni all’interno della stessa specie, perché la lotta è ritualizzata e si arresta quando l’animale vinto emana un segnale convenzionale per comunicare al vincitore la propria resa.
Negli esseri umani esiste una “aggressività innata” ereditata dal mondo animale e definita dagli specialisti una “tensione competitiva”, che fin dalle origini ha spinto l’uomo a procurarsi il cibo, a possedere le femmine desiderate, a preservare il proprio territorio. Tuttavia, tra i vertebrati superiori è raro che le azioni
aggressive abbiano conseguenze mortali, per cui esiste una prima legge generale secondo la quale vi sono delle inibizioni che impediscono di uccidere esseri appartenenti alla stessa specie; vi è una seconda legge che prevede l’esistenza di “controindicazioni” capaci di inibire le tensioni innate dell’aggressività.
L’uomo ha iniziato quindi a elaborare un processo culturale che lo rende “superiore” a tutti gli altri animali. Ogni gruppo umano comincia a creare una propria cultura, ma è proprio questa diversità culturale che spinge qualsiasi specie umana cerchi di sopravvivere a spese di altri uomini.
Le inibizioni a uccidere individui della stessa specie sono state superate, quando gli esseri umani hanno elaborato una “licenza di uccidere” nei confronti di altri esseri considerati “disumani”, cioè degradati a livello animale, tanto è vero che nella nostra tradizione linguistica è rimasta la frase “Ti uccido come un cane” e non “Ti uccido come un uomo”.
Il filosofo Nicola Abbagnano a questo proposito dice: “Appena due persone s’incontrano, sia pure per giocare una semplice partita a carte, riconoscono o stabiliscono delle regole che, se sono disconosciute o deliberatamente infrante, rendono impossibile continuare l’incontro. Queste regole sono, in tutti i gruppi umani conosciuti, imperfette e spesso inutilmente oppressive; possono essere migliorate, corrette e sostituite da altre, ma non abolite in nome dell’autonomia assoluta del cittadino”.
Un’altra tendenza negativa spinge il mondo politico a sfruttare a scopi propagandistici la paura che è un sentimento umanamente comprensibile ma che, se è lasciato a se stesso, può condizionare la ragione e le nostre scelte, alimentare l’odio e il rifiuto dell’altro. Si sfruttano pertanto le sensazioni di pericolo e di disgusto, perché si tratta di emozioni negative più potenti dei messaggi di speranza, di giustizia e di rinnovamento della società. La paura ha facile presa nella società del rischio (come la chiama il sociologo Ulrich Beck), che è caratterizzata dall’incertezza, dalle crisi economiche, dalla disoccupazione, dal terrorismo, dalla criminalità, dall’immigrazione. Gli appelli alla paura funzionano meglio in situazioni di crisi esistenziale, del calo dell’autostima, nel venir meno dei valori identitari, per cui si va alla ricerca del perfetto capro espiatorio.
Come fronteggiare la violenza?
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È indispensabile riscoprire una legge morale capace di ricordare all’uomo che la violenza è una possibilità ma non un obbligo, che ogni un comportamento violento non è la prova di un diritto biologico all’aggressività, mentre è necessario recuperare quei codici di comportamento che esaltino le regole di una convivenza civile, che escludano o almeno circoscrivano le azioni violente degli individui, passando attraverso una rifondazione della personalità individuale per mezzo di un’educazione permanente che consenta agli individui e ai gruppi sociali di trovare in se stessi le motivazioni e gli strumenti per vincere o ridurre sensibilmente gli effetti della violenza. Attraverso i processi di apprendimento e gli strumenti forniti dalle varie istituzioni culturali è necessario far percepire la violenza in tutta la negatività, fissando alcuni punti fermi: ritrovare il valore della memoria, riscoprire i bisogni “veri” dell’uomo, sconfiggere il disinteresse per il pericolo e quindi per la vita stessa.
La violenza non è solo una caratteristica di un gruppo etnico o geografico, ma piuttosto un comportamento che può emergere in vari contesti sociali, economici e politici.
Le cause della violenza sono complesse e possono includere fattori come:
- Contesti socio-economici: In molte regioni, la povertà, la disoccupazione e la mancanza di opportunità possono contribuire a comportamenti violenti.
- Conflitti e guerre: Molti paesi hanno vissuto conflitti armati che hanno generato traumi e normalizzato la violenza.
- Problemi strutturali: Discriminazione, mancanza di accesso a istruzione e salute mentale possono influenzare i comportamenti.
- Cultura e storia: Le dinamiche storiche, come le guerre civili, possono lasciare cicatrici durevoli nelle società.
È importante affrontare la questione della violenza senza cadere in stereotipi e generalizzazioni, considerando invece le specificità di ogni contesto e le esperienze individuali.
In conclusione, la violenza e l’aggressività nelle nuove minacce rappresentano sfide complesse che richiedono un impegno collettivo. Solo attraverso la consapevolezza, l’educazione e la cooperazione possiamo sperare di costruire una società più sicura.
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